La storia ha spesso dimenticato l’Africa, il cui passato è stato pian piano distrutto. Tutto ciò è accaduto perché negare la civiltà, la cultura e la religione delle popolazioni del continente africano significava negarne l’umanità e giustificare anche la schiavitù.
Sono stati salvati dall’oblio solo pochi uomini di valore, gli eccezionali: quelli “degni” di essere inclusi nelle cronache europee.
Nell’opera «Africani europei. Una storia mai raccontata» di Olivette Otele possiamo leggere di alcune figure dimenticate o approfondirne altre già conosciute. Nell’interesse specifico per le figure femminili ricordiamo le regine di Etiopia – le candace (termine che designerebbe la madre dell’erede al trono o di un reale, anche se spesso si trattava di regine guerriere) – donne che difesero il regno contro le invasioni. Alcuni nomi che vengono citati sono quelli delle candace Amanirenas, Amanishakheto, Amanitore.
Un altro tema legato al femminile che l’autrice tratta è l’ossessione che vi fu nel XIII secolo per il corpo delle donne nere. In Europa all’epoca si credeva che le donne nere fossero in grado di produrre latte più nutriente e che fossero pertanto delle ottime nutrici. (Cfr. p.14) Nell’anno 1300 in diverse città, tra cui Parigi e Colonia, ci fu proprio una diatriba sul tema. (Cfr. p. 14)
All’epoca erano molto frequenti i pregiudizi verso le persone di origine africana, e un esempio è Alessandro de’ Medici (1510 – 1537) che si ritiene figlio di una mora, anche se molti studiosi ne hanno negato l’origine africana, affermando che la madre era in realtà una contadina dalla pelle ambrata. (Cfr. p. 23) I detrattori invece usarono l’origine africana della madre per dargli dell’incapace e del vizioso. (Cfr. p. 27)
Possiamo quindi dire che c’erano già dei pregiudizi, anche se non articolati in forme di razzismo come lo saranno nel XIX secolo. (Cfr. p. 29)
Le eccezioni sono sempre esistite (i suddetti “uomini eccezionali” che non furono dimenticati), ma venivano considerate e presentate come qualcosa di straordinario. Un esempio è Juan Latin, uomo coltissimo che sposò una ricca donna bianca, Ana de Cerleval, per potersi “innalzare” a livello sociale, essendo già un protetto del re e del fratello del re di Spagna. (Cfr. p. 35)
Prima di soffermarci su alcune figure femminili è importante ricordare il Boulogne, nato nel 1739 a Guadalupa da un nobile francese bianco e da una donna senegalese schiavizzata, di nome Anne o Nanon. Joseph Boulogne Chevalier de Saint-George (1745 – 1799) fu un importante violinista e compositore. Nel 1775 era «il candidato più papabile a diventare aiuto direttore d’orchestra all’Opera di Parigi, ma alcune donne dell’Accademia reale di musica presentarono una petizione alla regina, in quanto non volevano farsi dirigere da un mulatto». (Cfr. p. 63) Queste artiste gli furono ostili, mentre riuscì ad ottenere le simpatie di molte nobildonne, in particolare Madame de Montesson, influente commediografa, che lo aiutò affidandogli l’organizzazione dei concerti del teatro da lei frequentato. (Cfr. p. 63) La marchesa di Montesson presentò Joseph de Boulogne al “marito segreto”, il duca d’Orleans, che divenne suo amico e lo introdusse alla massoneria: diventò così uno dei primi neri massoni della Francia metropolitana.
Mentre Hayden compose per l’artista nero sei brani, Mozart si rifiutò di assistere ad un concerto di Joseph e anche di incontrarlo (Cfr. p. 63).
Infine, Joseph, durante la Rivoluzione francese fu incaricato di reclutare soldati di origine africana che combattessero per gli ideali rivoluzionari, tra questi Thomas Retoré Dumas (di madre africana e padre ricco proprietario terriero bianco) futuro padre del famoso scrittore Alexandre.
Poi arrivò Napoleone… che non amando molto gli schiavi dalle velleità rivoluzionarie, soprattutto i coraggiosi della Guadalupa, vietò la musica di Joseph: le sue opere sono sopravvissute solo grazie alle comunità afrocaraibiche di Francia, Guadalupa e Martinica che riuscirono a far riconoscere dallo Stato francese le musiche del cavaliere de Saint-George.
Dopo aver conosciuto queste due affascinanti figure maschili, ricordiamo alcune figure femminili come Jeanne Duval, musa e amante di Baudelaire: una prostituta e modella che sfidò le norme sociali e fu fondamentale per l’opera dell’artista. (Cfr. p. 72) Venne demonizzata in quanto nera e ribelle, ora viene invece rivalutata e studiata per l’influenza artistica.
Una donna interessante è Mary Thomas. Fu una delle donne (insieme ad Axeline Salomon e Mathilda McBean) che guidò la rivolta di Fireburn (1878) sull’isola di Saint Crox. A lei in questi ultimi anni fu dedicata la statua “I am Queen Mary” a Copenaghen delle artiste La Vaughn Belle delle Isole Vergini e della danese Jeannette Ehlers. (Cfr. p. 90)
Ricordiamo anche Paulette, Jane ed Andree Nardal, attiviste e giornaliste, l’artista Josephine Baker e Anna Julia Cooper, una insegnate e attivista afroamericana che nel 1924 conseguì il dottorato alla Sorbona. (Cfr. p. 104).
Altri studi sono quelli dedicati alle signares del Senegal (senhoras). Erano donne che ottennero un certo potere. Molti studi stanno analizzando il loro ruolo e l’influenza nell’economia africana e notano come l’abolizione della tratta degli schiavi portò ad una riduzione del potere delle donne africani nelle colonie francesi. (Cfr. p. 81)
Tra le donne africane influenti citiamo Lene Kuhberg, figlia di una donna di etnia ga e di un danese. Lene si sposò con il governatore ad interim della Costa d’Avorio, ovvero il mercante di schiavi Frantz Kuhberg e divenne una imprenditrice. Dopo la morte del coniuge prestò anche denaro ai funzionari del forte. (Cfr. p. 83)
Le donne africane che sono riuscite ad emergere dall’oblio del presente e della storia esistono, e pian piano emergono. Si tratta di un ruolo, quello delle donne africane, che è stato gravemente sottovalutato.
Concludiamo con un cenno a un termine coniato nel 2008 da Moya Bailey: misogynoir. Un fenomeno che si collega a due tendenze: l’attitudine degli uomini neri e delle femministe bianche a escludere le donne nere da certe sfere decisionali e poi pretendere da loro un sostegno incondizionato, senza però averne chiesto l’opinione. (Cfr. pp. 132 -133) E infine la tendenza della società a considerare meno attraenti le donne nere e quindi ridicolizzale per l’aspetto fisico, l’abbigliamento, i capelli e il modo di parlare. (Cfr. p. 131),