Maria Sibylla Merian (1647 – 1717) è stata una naturalista, pittrice e viaggiatrice, pioniera dell’entomologia. Figlia di un incisore ed editore è madre di due artiste: Dorothea Maria Graff (1678 – 1743) e Johanna Herolt-Graff (1668 -1723).
Maria Sibylla sin da piccola impara a disegnare e dipingere grazie al patrigno pittore; quindi comincia ad interessarsi di insetti sua grande passione; a diciotto anni sposa un pittore.
Raccoglie i bozzoli, li osserva e disegna. Questi disegni saranno alla base dei suoi primi due libri.
Nel 1685 si separa e con le figlie e il fratellastro si sposta nei Paesi Bassi in una comune di labadisti (setta fondata da Jean de Labadie). Qui Maria continua a studiare finché, stufa delle regole della comunità, si sposta ad Amsterdam dove matura l’idea di un viaggio nel Suriname.
Si tratta di una spedizione scientifica pericolosa e inconcepibile per una donna eppure nel 1699 parte insieme alla figlia Dorothea.
Nel Suriname sarà aiutata dai nativi e dagli africani in schiavitù che le faranno conoscere i segreti del luogo, permettendo così il successo della missione scientifica.
Il lavoro di Maria Sibylla Merian è pionieristico e lungimirante: a quei tempi occuparsi di insetti e di metamorfosi era qualcosa di insolito se non demoniaco; come lo era viaggiare ed essere una donna.
Merian è la prima di tante pittrici naturaliste e ricercatrici (e di queste parleremo nel prossimo post). Dietro ad una donna straordinaria, eccezionale, ci sono spesso molte altre donne meno conosciute. Donne che ci aiutano a credere che la realizzazione sia possibile, che non sia qualcosa di eccezionale.
“In gioventù mi dedicai a ricercare insetti: cominciai con i bachi da seta nella mia città natale di Francoforte. Osservai poi che essi, come altri bruchi, si trasformano in belle farfalle notturne e diurne. Questo mi spinse a raccogliere tutti i bruchi che potevo trovare per osservarne la trasformazione. Ma, per disegnarli e descriverli dal vero con tutti i loro colori, ho voluto esercitarmi anche nell’arte della pittura”.