Lisetta Carmi: “Ho fotografato per capire”
di Dafne Malvasi
“Non ho mai cercato dei soggetti (…) mi sono venuti incontro, perché nel momento in cui la mia anima vibra insieme con il soggetto, con la persona che io vedo, allora io scatto”.
Ho conosciuto Lisetta Carmi grazie ad una mostra a lei dedicata nel 2022.
Artista poliedrica, che ha abbracciato la musica, la fotografia, la meditazione – e non solo -, Lisetta Carmi (1924-2022) opera una prima rivoluzione di intersezionalità socialfotografica: attraverso i suoi scatti, gli emarginati, i diversi, i derisi diventano soggetti della realtà, uscendo dall’immaginario definito unicamente dal patriarcato, che li conosceva ma ignorava ghettizzandoli, dando loro corpo e luce.
È il 1972 quando viene pubblicato il lavoro più intenso di Lisetta Carmi dal titolo “I travestiti”, libro rifiutato da tutti i canali ufficiali di vendita, sostenuto da Dacia Maraini, Barbara Alberti, Alberto Moravia e pochissimi altri.
I volti e i corpi segregati di questi soggetti “nuovi” mostrano l’esistenza di vite che deegemonizzano tutte le narrazioni fatte fino a quel momento, alla ricerca di una libertà e di individualità non sottomesse alle rigide codificazioni dei generi.
“Io stessa a quel tempo ero assillata – forse a livello inconscio – da problemi di identificazione maschile e femminile… E i travestiti (o meglio il mio rapporto coi travestiti) mi hanno aiutato ad accettarmi per quello che sono: una persona che vive senza un ruolo”.
Foto tratta da: Lisetta Carmi, “Autoritratto” (1974) ©Lisetta Carmi.