Per descrivere comportamenti disumani, leggi inique, atteggiamenti maleducati e pregiudizi ancora si ricorre ad espressioni come “Queste cose accadevano solo nel Medioevo”.
Ma il Medioevo era così arretrato e misogino?
Le donne non esistono nel nostro concetto di Storia, né nel canone degli autori, della letteratura. Compaiono solo nel Novecento che, per motivi di tempo, a scuola viene trascurato.
Queste assenze ingiustificate contribuiscono ad una visione distorta del Medioevo, visto come epoca oscura di donne segregate e ignoranti.
Per questo dovremmo studiare Ildegarda di Bingen, figura poliedrica e molto complessa. Così ci abitueremmo ad interrogarci, a non limitarci alle informazioni ricevute e spesso frammentate. Ci abitueremmo a cercare, a porci più domande; non a seguire la strada più facile, già asfaltata, ma anche noiosa, priva di attrattive, di stimoli.
Conoscendo figure femminili (ma anche maschili) notevoli e prima mai sentite ci faremmo un’idea più ricca di quest’epoca.
Nomi come Dhuoda, Ildegarda, Caterina da Siena, Christine de Pizan, ma anche Isabel de Villena dovrebbero esserci noti. Senza dimenticare Trotula pioniera non solo nella medicina. A tal proposito perché dimenticare il ruolo delle donne nella storia della Medicina? Scienziate, ostetriche, demiurghe. Che fossero “streghe” o no.
Negli ultimi anni non mancano antologie della letteratura femminile medievale, studi dedicati alle principali pensatrici ed autrici. Di alcune, come Christine di Pizan, sono disponibili le opere. Possiamo parlare di autrici e leggere le autrici. Non abbiamo più scuse per continuare ad ignorarle e a parlare di un Medioevo oscuro ed ignorante.
Ad esempio Maria di Francia: figura dimenticata perché rivoluzionaria e per questo inaccettabile.
Un’autrice, che è stata messa a tacere perché con l’arte, la letteratura, la poesia proponeva modelli rivoluzionari. Parlava di amore disinteressato, promuoveva valori come la nobiltà d’animo e scriveva parole rivoluzionarie.
“Vale più un uomo povero e leale,
se in sé ha senno e valore,
e maggiore gioia si ottiene dal suo amore
che da quello di un principe o di un re
che non abbia in sé lealtà”
Lai de Guimegar vv. 138-41